Le anticipazioni sul nuovo piano di studi della Facoltà di Farmacia rese note a Farmacista33 da Ettore Novellino, presidente della Conferenza dei presidi della facoltà, hanno subito innescato il dibattito sul processo di riforma in corso, che dovrebbe vedere la luce nell'ottobre del 2016. Maurizio Cini, docente all'Università di Bologna interviene, sottolineando come nella bozza di riforma ci siano aspetti non condivisibili nell'ottica dell'evoluzione della professione ed esprime un dubbio: che sia solo lifting?
Faccio seguito all'intervento del Prof. Novellino, pubblicato su Farmacista33 del 31 gennaio scorso. Concordo con lui sul fatto che il corso di laurea in farmacia vada adeguato alle attuali e future esigenze, e non poco. Tutti però si chiedono cosa ne sarà di CTF e del perché nessuno parli dell'eventuale riforma anche di questo corso, non dimenticando che questi laureati condividono, largamente, il medesimo percorso professionale dei colleghi di Farmacia.
Alcune premesse sono doverose: 1) Più dell'80% dei laureati in Farmacia trova - attualmente però si limita a cercare - lavoro nelle farmacie territoriali, dette anche di comunità. 2) Nel riformare un corso di laurea per l'accesso ad una professione ordinistica non ci si può dimenticare del ruolo sociale che ci si assume e che il proprio impegno deve guardare lontano, nell'interesse del ruolo svolto nella società dai laureati. Dimenticando i rapporti di forza tra settori disciplinari presenti nell'Università. 3) La farmacia aperta al pubblico (territoriale o di comunità) negli ultimi dieci anni ha subito profondi cambiamenti mentre si cerca di farle assumere sempre più, per quanto faticosamente, un ruolo proiettato sul territorio nei confronti del paziente con presa in carico del malato cronico, con la prevenzione (medicina d'iniziativa) e con i cosiddetti "servizi", frettolosamente disciplinati da una legge non concordata a sufficienza con le regioni le quali rappresentano il diretto interlocutore della farmacia. 4) Non è ancora nota la disciplina dell'esame di stato, dopo una bozza diffusa l'anno scorso, che deve rappresentare la coniugazione tra studi accademici e tirocinio curriculare. 5) Le materie della prova attitudinale, nei concorsi per l'assegnazione di sedi farmaceutiche, aggiornate nel 2011, sono tutte riconducibili ai seguenti settori scientifico-disciplinari: Farmacologia (BIO/14), Farmaceutico Tecnologico Applicativo (CHIM/09) con riferimenti alla Chimica Farmaceutica (CHIM/08), cui si aggiungono aspetti normativi già compresi nella declaratoria del settore CHIM/09. E' indubbio infatti che le competenze di carattere normativo, necessarie alla professione, non possono che essere impartite da un docente in possesso di una formazione di base scientifica. L'inserimento del diritto amministrativo (IUS/10) presenta il rischio di favorire il progressivo abbandono della normativa da parte dei docenti dell'area tecnologica.
Venendo ora alla bozza di riforma, si possono rilevare alcuni aspetti non condivisibili nell'ottica dell'evoluzione della professione. L'elevato carico di materie chimiche (tra i 60 ed i 70 crediti formativi) senza contare la biochimica e la chimica degli alimenti, materie sicuramente indispensabili per altri 16 crediti, si ripercuote negativamente sull'apporto tecnologico applicativo (tecnologia farmaceutica e normativa dei medicinali) che mantiene, in totale, dai 26 ai 30 crediti, cioè meno del 10% del carico didattico dell'intera formazione (300 crediti nei cinque anni di corso). E' pertanto auspicabile un ripensamento che attribuisca alle materie tecnologiche (tecnologia farmaceutica con esercitazioni pratiche, sia a livello galenico che industriale) la dignità che oggi meritano, comprendente anche un adeguato numero di crediti formativi di legislazione farmaceutica, come previsto dalla declaratoria del settore CHIM/09). In questo ambito poi non dovrebbe mancare l'insegnamento di Organizzazione aziendale e di acquisizione di capacità comunicative, come pure l'Organizzazione del Servizio sanitario nazionale. Insegnamenti che non possono essere lasciati alla libera scelta dello studente, ma resi obbligatori per una formazione adeguata alle necessità del prossimo decennio.
Infine un auspicio, tenuto conto di un esame di stato sostenuto a ridosso della laurea, mi chiedo se non fosse ipotizzabile un corso di laurea abilitante alla professione (vedi la Francia) che, assorbendo CTF, venisse articolato in almeno tre indirizzi: territoriale, industriale, ospedaliero (quest'ultimo idoneo ad affrontare l'ammissione alla scuola di specializzazione in farmacia ospedaliera). Si tratterebbe sicuramente di una rivoluzione copernicana comportante correttivi alle norme esistenti, ma sicuramente in grado di formare un professionista più preparato e pronto ad affrontare anche il numero chiuso nazionale, da collegare alla definizione dell'assetto territoriale della rete dei punti di dispensazione dei medicinali".
Maurizio Cini, Docente Università degli studi Bologna
(Fonte: Farmacista 33 del 5 febbraio 2015)