«Sestuplicati gli iscritti all'albo che emigrano per lavorare? Purtroppo i dati ministeriali riportati su Repubblica (in data 22 gennaio 2015, n.d.r.) sono veri, ed è attendibile il dato secondo cui la maggioranza dei medici e dentisti che oggi emigrano per lavoro da uno stato all'altro dell'Unione Europea è costituita da italiani». Luigi Conte segretario della Federazione degli Ordini non ha dati per classificare per età sesso e specialità i 2400 laureati in medicina e odontoiatria che se ne sono andati via nel 2014, sei volte più dei 396 di cinque anni prima. «I certificati good standing da presentare alle autorità dei paesi dove si va ad esercitare prima venivano richiesti agli ordini, ma adesso se ne occupa il Ministero della Salute. Posso però dire che paesi come la Gran Bretagna e ora la Francia e la Germania, siccome preparare uno studente non costa alle casse pubbliche meno dei nostri 20 mila euro annui (circa 120 mila per ciclo di laurea), hanno disinvestito nella formazione e hanno scelto di acquisire professionisti sanitari all'estero».
In Italia potremmo fare una scelta simile?
«No. Forte del fatto che solo il 21% dei nostri giovani accedono all'università contro il 40-45% dei giovani nordeuropei, una forte componente studentesca chiede il libero accesso come espressione capace di conciliare tendenze di liberalizzazione del mercato e diritto allo studio. Ed ecco ricorsi contro il test di selezione all'ingresso ai corsi di laurea, ecco atenei che invece di accogliere i 10 mila aspiranti medici devono aprire le porte a 4 mila studenti in più (ed altri potrebbero arrivarne) ma non hanno gli spazi e organizzano lezioni in streaming, come avvenuto a Palermo, Bari, Napoli. In linea di principio accogliere tutti "piace", ma poi è inaccettabile avere un medico disoccupato per anni mentre ha bisogno di impiegare quegli anni ad esercitare. Lo capisce per primo chi trova intoppi sul lavoro: difatti, va via chi non riesce (magari per un soffio, con un buon cv) ad accedere alla specialità oppure chi vuole specializzarsi in materie chirurgiche esercitando attività professionalizzanti ossia effettuando più interventi. L'Italia paga la formazione e gli altri paesi fruiscono dei laureati italiani».
Ma all'estero si sta anche meglio? Ad esempio assicurarsi la responsabilità civile costa meno?
«Penso che il quadro contenziosi non sia dissimile dal nostro, ma il nostro mercato è meno appetibile per le compagnie, sconta l'assenza di tabelle definite per il calcolo del risarcimento del danno: un calcolo rimesso ai giudici, l'eterogeneità delle cui sentenze rende imprevedibile per gli statistici l'entità del rischio. Una compagnia o accantona somme più alte di quanto vorrebbe o sceglie di lasciare l'Italia. Fnomceo ha raccomandato di affrontare il problema sul piano legislativo; abbiamo chiesto che al medico imputato penalmente s'imponga l'indennizzo solo nei casi di colpa grave, che l'atto del chirurgo non sia più assimilabile a violenza privata com'è ora, che si legiferi sulla responsabilità civile rianimando uno dei vari disegni di legge giacenti in parlamento, e che si adottino misure per favorire il rientro in Italia delle compagnie assicurative. Con Enpam stiamo promuovendo un gruppo di lavoro per arrivare ad un capitolato: differenziando il mondo medico per categorie di rischio, miriamo a definire un livello base per i premi assicurativi, accessibile, capace di calmierare il mercato».
Mauro Miserendino
Fonte: Doctor 33