Una quota significativa di studenti che aspirano a diventare professionisti sanitari mostra i segni di un consumo di alcol che in alcuni casi raggiunge livelli di pericolo. «Non ci sono differenze legate al sesso, ma la percentuale di bevitori a rischio tende ad essere maggiore tra i soggetti giovani, tra i fumatori e tra le persone che vivono al di fuori del nucleo familiare» sottolinea Joseba Rabanales Sotos, professore associato alla Facoltà di infermieristica dell'Università di Castilla-La Mancha ad Albacete in Spagna e prima firmataria di un articolo appena pubblicato sul Journal of advanced nursing. «Secondo quanto riportano studi precedenti, vi è un'alta percentuale di bevitori a rischio tra gli studenti universitari, e per stimare la frequenza dell'uso di alcolici tra chi studia per diventare infermiere, così da poterne descrivere i modelli di comportamento in termini di consumo eccessivo, abbiamo progettato uno studio trasversale nella nostra università» spiega la ricercatrice, che assieme ai colleghi ha valutato 1.060 studenti del corso di laurea infermieristica nel corso dell'anno accademico 2012-2013, accertandone le caratteristiche socio-demografiche, lo stile di vita e il consumo di alcol attraverso due strumenti validati chiamati Isca, ovvero Interrogatorio sistematizado de consumos alcohólicos, e Audit, acronimo per Alcohol use disorders inventory test. E i risultati indicano che un consumo pericoloso di alcolici emerge nel 43,4% degli studenti. «Inoltre, il 14,9% dei ragazzi e il 18,7% delle donne soddisfacevano i criteri dei bevitori a rischio, senza alcuna differenza statisticamente significativa tra i due sessi» fa notare Rabanales Sotos, puntualizzando che la frequenza di bevitori a rischio è risultata maggiore in modo consistente tra gli studenti di età inferiore a 21 anni, specie se sono fumatori e se vivono al di fuori del nucleo familiare. «Le attività mirate alla prevenzione del consumo di alcolici dovrebbero prevedere una maggiore tutela degli ambienti universitari, in particolare quando sono coinvolti i futuri professionisti della salute» concludono gli autori dello studio.
J Adv Nurs. 2014 Nov 3. doi: 10.1111/jan.12548