«Non ci sono le aule, non ci sono i docenti e non si capisce come si possa fare selezione al primo anno». Sono molti, secondo Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, i lati oscuri della riforma più volte annunciata dal ministro Giannini e ribadita ai rettori giovedì scorso e che prevede l'abolizione dei test d'accesso a medicina. Lo scenario delineato dal ministro, che ora sembra prendere sempre più forma, prevede un primo anno aperto a tutti con sbarramento finale, secondo il modello francese. Uno "tsunami" intollerabile secondo molti rettori «stiamo parlando di 80.000 studenti» sottolinea Bellantone, per il quale anche spalmare gli studenti sui corsi di laurea affini non è una soluzione. L'ipotesi del ministro è un primo anno comune che raggruppi medicina, farmacia e biotecnologie, ai quali verrebbero impartiti insegnamenti di base comuni a questi indirizzi (chimica, fisica e biologia). «Ma si parla di competenze diverse e di un numero sempre troppo alto di studenti rispetto alle capacità fisiche delle nostre università» sottolinea il preside di Medicina presso l'ateneo romano. Oscuro anche come si possa effettuare la selezione al primo anno, secondo Bellantone. «È chiaro che l'attuale test non va bene» spiega «ma non è certo questa la soluzione. Piuttosto si potrebbe pensare a una selezione a livello dei licei, a una maturità più uniforme sul territorio e a un quiz contestuale alla maturità stessa». Manca ancora una proposta operativa, comunque, anche perché il piano scuola più volte annunciato è stato per ora rimandato visto il rischio di «troppa carne al fuoco» per l'esecutivo guidato da Renzi.
Marco Malagutti - www.doctor33.it