Perché i medici italiani entrano nel mondo del lavoro a 32-33 anni? Se lo è chiesto a margine del Consiglio nazionale Fnomceo tenutosi a Bari lo scorso fine settimana, il segretario nazionale Luigi Conte, che ha aggiunto «la laurea in medicina prevede troppi tempi morti che determinano un ritardato accesso rispetto al resto dell'Unione europea». Un trend assolutamente da invertire e per il quale la Fnomceo ha pronte alcune proposte. «Per cominciare» sottolinea il presidente Amedeo Bianco «è necessario ridurre la durata del corso di laurea. Una richiesta in questo senso arriva da una direttiva Ue, che prevede 5 anni invece degli attuali 6. Il passaggio successivo» continua Bianco «è un sesto anno professionalizzante e una riduzione della formazione specialistica. Una modalità che potrebbe avvicinare al mondo del lavoro già a 28-29 anni in allineamento con quanto succede nel resto d'Europa. Il fattore tempo, del resto, è di grande rilievo anche per i costi che determina». Basti pensare che formare un laureato in medicina costa allo stato circa centocinquantamila euro, per l'intero iter di undici anni. Che precarietà sia parola d'ordine di questa fase per decine di migliaia di giovani che hanno intrapreso il percorso di stud è emerso in modo schiacciante nel corso di una mattinata dedicata a Formazione e accesso al lavoro. «L'accesso» conferma Bianco «avviene con meccanismi di precarietà, un problema che si aggiunge al persistente blocco del turn over». «Una razionalizzazione dei tempi con un sesto anno abilitante con tirocinio e pratica professionale è necessaria» conferma Filippo Anelli, presidente dell'Ordine di Bari che punta il dito anche su aspetti legati alla programmazione. «Nei prossimi quindici anni, saranno oltre 167mila i medici che andranno in pensione, corrispondenti al 47% del totale. Con un surplus di medici che non si collocheranno e che impongono di rivedere i criteri con i quali viene definita la programmazione». E sul fronte della formazione dall'evento barese sono arrivate anche proposte per quel che riguarda le scuole di specializzazione. «L'idea» spiega Conte «è di dividere il periodo di specialità in due tranche. Una prima "basic" che si svolge presso la scuola specialistica, come già avviene ora, e una seconda con un periodo finale di due anni "high level", all'interno del quale gli specializzandi cominciano già a lavorare e sono parte integrante del Ssn. Un modo» aggiunge «per risolvere sia le criticità legate alla formazione pratica sia le difficoltà legate al finanziamento dei contratti e che aprirebbe a migliori retribuzioni per gli specializzandi».
Marco Malagutti - www.doctor33.it